Il custode delle storie incompiute - La scena in copertina
Vi siete mai chiesti che cosa ci sia scritto nella scia della nave sulla copertina di Clover? Non sono parole a caso. All'inizio avevo scritto qualche riga, ma presto il pezzo si è espanso fino a diventare una scena completa. Eccola qui!
ATTENZIONE: SI CONSIGLIA DI NON LEGGERE QUESTA SCENA PRIMA DI AVER SUPERATO ALMENO IL CAPITOLO 6 DI CLOVER
Rose sgusciò nella cucina deserta. Superò il camino spento e si fermò accanto al tavolo al centro della stanza, vuoto; le pentole in rame appese al muro riflettevano appena la luce delle due lune. Nell’aria c’era ancora un vago profumo dello stufato di quella sera.
Strinse la cinghia della borsa, incapace di muovere un passo per la tensione. L’ansia la stava divorando dentro: forse era scesa troppo presto e non erano ancora tutti a letto, forse Thorn aveva sbagliato i calcoli con i tempi ed era rimasto bloccato di sopra. Perché lui non era già lì? L’avevano scoperto?
La porta in fondo al corridoio scricchiolò e Rose si acquattò dietro il tavolo. Il cuore rimbalzò contro il suo petto. Cercò una giustificazione per la sua presenza lì, con una borsa piena di vestiti e la spada cinta al fianco, ma la mente si era svuotata. Non poteva neanche nasconderli, quegli oggetti così ingombranti!
Trattenne il fiato. Dei passi si avvicinarono. Qualcuno entrò in cucina.
L’avrebbero rinchiusa a vita, ecco cosa sarebbe successo!
«Rose?» bisbigliò la voce profonda di Thorn.
Lei lasciò andare un lungo respiro e si alzò in piedi. «Grazie al cielo sei tu.»
Thorn le fece un mezzo sorriso. «Bates non voleva andarsene a dormire.» Appoggiò la sua sacca a terra, aprì uno sportello della credenza e infilò un braccio dietro una pila di piatti. «Ho dovuto aspettare più del previsto.» Tirò fuori un sacchetto di tela chiara e fece un occhiolino a Rose. «Provviste per il viaggio.»
«Bene.» Aveva pensato davvero a tutto.
Rose strinse di nuovo la cinghia della borsa. I polsi le tremarono. Lo stavano facendo, stavano scappando. Ne era davvero sicura?
Thorn si rialzò e mise una grossa e calda mano su quelle di lei. «Andiamo?»
Nella luce delle due lune, i suoi occhi scuri le trasmisero un grande senso di sicurezza.
Rose prese un grosso respiro. Non poteva più tergiversare e non poteva rischiare di mettere entrambi nei guai per una stupida esitazione. Annuì e si umettò le labbra inaridite. «Sì. Andiamo.»
Thorn la precedette nel breve tratto di corridoio rimasto, fino alla porta sul retro. La aprì e sbirciò fuori. Come previsto, non c’era nessuno. Erano mesi ormai che il barone non poteva permettersi delle sentinelle, ma lei apprezzò quella cautela in più: non potevano permettersi il minimo errore.
Allontanandosi dalla casa, Rose si girò verso le finestre del secondo piano. Erano tutte buie, persino lo studio all’angolo, dove suo padre finiva sempre per rintanarsi a fare calcoli su calcoli, in cerca di un modo per risollevare le loro finanze.
Almeno ora non dovrai più preoccuparti della mia dote.
Un groppo le serrò la gola. Nonostante tutto, era doloroso abbandonare quel posto, la casa di tutta una vita. Strinse le labbra, cercando di bloccarne il tremolio.
«Rose?»
Lei chiuse gli occhi, deglutì e trasse un bel respiro. Si voltò verso Thorn, che la aspettava in mezzo al giardino con un’aria un po’ ansiosa in viso.
«Tutto bene?»
«Sì, stavo solo…» Rose diede un’altra occhiata alla casa.
«…dicendo addio» concluse lui.
Esatto. Rose annuì e tirò su con il naso.
Thorn tese una mano verso di lei. «Fa male solo all’inizio. Te lo prometto.»
Già, lui lo sapeva bene. E non era neanche stata una sua scelta.
Rose allungò la propria mano e lui gliela strinse con quella presa salda e rassicurante.
«Andiamo?» le domandò di nuovo.
Era davvero pronta a lasciare quella casa per inseguire un fantomatico tesoro insieme ai suoi migliori amici? Rose non ebbe dubbi. «Andiamo.»